Fotografia, pigrizia e ritmo: la “mia” Street Photography a Venezia
Di recente il fotografo Andreas Ott, curatore di Urban Street Diving, mi ha contattato per un’intervista: a colpirmi, del suo interessantissimo blog sulla street photography, è stata soprattutto la modalità con cui chiede agli intervistati di “mettersi in gioco”, realizzando quello che Andreas definisce uno street dive: una vera e propria “immersione nella strada”, con un tempo limitato e un percorso limitato per sfornare una serie di fotografie a cui abbinare l’intervista. Ho accettato con grande entusiasmo la sfida, scegliendo come teatro la mia città quasi-natale, Venezia. Una mattina nuvolosa, due ore di tempo, e quel tratto di calle -tra i miei preferiti- che collega il ponte di Rialto al mercato del pesce.
Il risultato lo potete osservare qui, dove troverete anche l’intervista originale in inglese.
Ne riporto, di seguito, la traduzione in italiano…grazie Andreas per avermi scelto e concesso questa bellissima e divertente possibilità, sono sempre felice di mettermi alla prova ed è un privilegio, per me, poter raccontare qualcosa riguardo la mia visione della fotografia 🙂
Michele, dicci qualcosa di te.
Sono un fotografo di 38 anni nato e cresciuto nei dintorni di Venezia. Mi sono avvicinato alla fotografia nel 2009, dopo l’acquisto della mia prima fotocamera grazie a uno dei miei primi stipendi, e pian piano ho finito con l’accorgermi di esserne ossessionato, al punto di abbandonare -un paio di anni fa- il mio vecchio lavoro da ingegnere per tentare di dedicarmici a tempo pieno. Nonostante le difficoltà incontrate, che sto incontrando e che sicuramente incontrerò, sono felice di aver compiuto questo passo!
Qual è stato il tuo approccio per reperire una location adatta al tuo street dive?
Ho scelto l’area di Rialto perché è il punto della città in cui le varie anime cittadine si fondono più fluidamente: il turismo è molto presente, ma le osterie economiche e il più importante mercato all’aperto della città attraggono tuttora molti dei residui abitanti del luogo. Avendo a disposizione un tempo molto limitato, ho ritenuto fosse la location con più potenziale per affrontare il tuo street dive.
Raccontaci qualcosa di quest’area e delle persone che ci vivono.
Il bello di Venezia è che con la fotocamera si può girare ovunque, immortalando qualsiasi situazione, da qualsiasi distanza, senza preoccuparsi di essere discreti o invisibili, e senza timore che nessuno reagisca male, si arrabbi o ti insegua per km! Un vero paradiso! Scherzi a parte, Venezia è universalmente nota e non saprei cosa dire che non sia già stato detto o scritto…tra le città che ho visitato Venezia è, per me, semplicemente, quella in cui è più bello perdersi. E ritengo una fortuna vivere vicino a tanta bellezza.
Cosa volevi ottenere durante l’esplorazione? Avevi in mente qualche storia, un tema?
No, sono partito da casa privo di idee, sperando fosse la città a suggerirmele. Una volta giunto in zona, mi sono trovato davanti -cosa piuttosto rara, per Venezia- un quartiere in pieno rifacimento: cantieri, impalcature, restauri in corso. I (pochi) turisti si riparavano dal freddo chiudendosi nei caffè, lasciando spazio ai pochissimi abitanti della zona, per lo più anziani, intenti nei loro acquisti al locale mercato del pesce. Il tema è venuto da sé: mostrare una Venezia insolitamente normale, quasi antiestetica, cercare di catturare l’ordinario in una città che ordinaria non è…
Come ti ha fatto sentire il fatto di avere a disposizione un tempo limitato per scattare una serie di fotografie?
È stato molto stimolante. Ho sempre creduto che i vincoli siano elementi essenziali per ispirare la propria creatività: trovo che spesso un eccesso di libertà finisca col diventare paralizzante…e partecipare a questo tuo “gioco” è stato, in questo senso, un esercizio esemplare. Mi ha costretto a spezzare il mio naturale modo di pensare, il mio modo di approcciarmi alla fotografia di strada…il tuo vincolo di trascorrere tutto il poco tempo a mia disposizione all’interno di una unica calle mi ha fatto rendere conto di come quasi mai io rimanga più di qualche minuto nel medesimo posto: io tendo a essere come un “rapace”, fiuto, scatto e mi dileguo. Tu invece mi hai costretto ad abbeverarmi come se fossi una pianta, assorbendo lentissimamente il nutrimento della strada. Un mutamento drastico! Mi hai spinto a focalizzarmi sulle piccole cose, sulle microvariazioni, sull’attesa, sul dominare la mia naturale impulsività fotografica. Un bellissimo esercizio: ti ringrazio molto per questo…
Ami viaggiare. Dal punto di vista della street photography, in cosa differisce Venezia rispetto alle altre città che hai visitato?
Venezia è una città peculiare e le caratteristiche che la rendono tale sono credo note a tutti. Dalla prospettiva di fotografo di strada, a mio avviso, la principale unicità è il fattore “tempo”. Entrare in città significa entrare in una dimensione in cui il tempo scorre un po’ più lentamente, non di tanto, ma abbastanza da scombussolare il proprio ritmo interiore. L’assenza di qualsiasi veicolo su ruote ne è la causa principale, ma non è l’unica…anche gli abitanti paiono aver assorbito l’indolenza del placido scorrere dell’acqua nei canali: è rarissimo incrociare un veneziano che corre, così come è raro vederlo consultare un orologio.
Molti fotografi, quando scoprono le mie origini veneziane, mi dicono “Venezia, è bella sì, ottime cartoline, ma non è adatta per la street. A Venezia non succede mai nulla”. A loro posso assicurare che le cose succedono, anzi, ne succedono di incredibilmente bizzarre! Il fatto è che tutto accade un po’ più lentamente, e credo che, per poterle “vedere”, occorre che il proprio orologio interno non rimanga sincronizzato con il frenetico mondo esterno. E’ il piccolo sforzo che la città richiede a chi vi entra e, per quanto mi riguarda, val davvero la pena accontentarla…
Guardando il tuo portfolio, non sembri essere solamente uno street photographer. Perché ti piace scattare in strada, e cosa prediligi fotografare oltre a questo?
Non mi è facile rispondere a questa domanda, forse perché non mi è facile definire cosa sia la street e quali siano i suoi confini: a me piace intendere la street photography come “attitudine”, come capacità di farsi sorprendere da ciò che ci scorre attorno, respirando la strada ed tentando di entrare in ritmo con essa…da questo punto di vista, mi considero un fotografo di strada al 101%! Amo l’indeterminatezza e l’imprevedibilità che questo approccio mi concede, mi piace “non sapere” cosa incontrerò uscendo di casa, cerco di pormi ogni volta come una pagina bianca. E soprattutto mi piace, a fine giornata, osservare le immagini che ho scattato durante il giorno e riconoscere in esse quei meccanismi, spesso inconsci, legati allo stato d’animo o all’umore, che mi hanno portato a scegliere di fotografare un certo tipo di soggetti o di situazioni piuttosto che un altro: lo trovo un modo per indagare me stesso sfruttando il mio stesso sguardo.
Dove possiamo trovare altri tuoi lavori?
Sul mio sito web, sulla mia pagina FB e su instagram come @berligol.
Sono tra i fondatori di Mumble, un collettivo italiano di street photography nato nel 2016: dateci un’occhiata!
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